Ci vediamo presto
Tre parole che racchiudono una delle cose più belle che ci può accadere nel prossimo futuro.
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità: l'anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va.
Si esce poco la sera, compreso quando è festa, e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra.
E si sta senza parlare per intere settimane. E a quelli che hanno niente da dire, del tempo ne rimane.
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando.
L’anno che verrà è una canzone che Lucio Dalla ha scritto nel 1979 e che conosciamo tutti. Mai come questa volta, però, le sue parole sembrano scritte apposta per salutare l’anno che abbiamo vissuto e accogliere quello “che sta arrivando”. Questo, non un altro. Ovviamente ogni anno e per ognuno di noi queste parole assumono significati nuovi e diversi. Copiando e incollandone un estratto spero di darvi la possibilità di focalizzarvi sul testo – che, si sa, ad ascoltare una canzone tante volte, il rischio è che questa perda di significato.
Quale significato vogliamo dare al 2020 nella nostra vita? Per capirlo dobbiamo aspettare che finisca. Per capire il senso di quanto accaduto, dobbiamo copiare e incollare i fatti su un foglio bianco. Per riuscire a focalizzarci sulle loro cause e sulle loro conseguenze. Perché, si sa, quando si è immersi in una situazione, il rischio è che questa perda di senso. Di significato.
Ancora una volta, a darci una mano in questo è la scienza. Non la razionalità, la scienza. È la scienza a spiegarci quanto la crisi sanitaria in corso abbia tempi e modi da rispettare per essere gestita e superata. Ed è sempre la scienza ad aver calato la crisi sanitaria in un contesto più ampio, quello della crisi climatica da cui questa pandemia discende e dipende. E non ci sono modi giusti o sbagliati per superarla perché nessuno di noi l’ha mai vissuta prima e in uno spazio globalizzato come quello in cui viviamo. L’importante è avere chiaro l’obiettivo e accertarsi che il modo scelto per affrontarla non crei danno a chi ci sta accanto o a chi vive dall’altra parte del mondo. Esseri umani o animali che siano.
È nella condivisione di cause e conseguenze che cresce la nostra nuova libertà. Una libertà frutto della capacità di far rete per superare momenti di pericolo, come la natura ci insegna. Al contrario, è l’idea che vivere ognuno per sé fosse la vera libertà da raggiungere che ci ha fatto precipitare in questo stato di isolamento forzato, di “arresti domiciliari”. Come se curarsi delle conseguenze sull’altro fosse un limite, un confine invece che un modo per vivere meglio.
“Se domani non ci fossero confini veri / ti lascerei decidere dove andiamo / ma in questa storia tutti vogliono guidare soli”, recita Confini, canzone di Sans Soucis (sopra), nome d’arte della cantautrice Giulia Grispino.
Per cercare di focalizzare quanto vissuto negli ultimi 12 mesi proviamo a scrivere, a parlare, a recitare così da non dimenticare. Un tentativo per metabolizzare il passato e affrontare al meglio ciò che ci attende. Senza ripetere gli stessi errori. So we won’t forget dei Khruangbin è anche il titolo dell’ultima canzone che più ho amato quest’anno e che vi lascio per augurarvi buon anno.
Ci vediamo presto. Tre parole che racchiudono una delle cose più belle che ci può accadere nel prossimo futuro.