Analogie
L'emergenza sanitaria e l'emergenza climatica sembrano essere due facce della stessa medaglia. Proviamo a capire perché.
Questo episodio – il numero 8 – del Climatariano arriva con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia, ma questi giorni di lavoro sono stati molto intensi. Ci stiamo dando da fare per sconfiggere questa situazione anche con le idee. Dopo aver lanciato le lezioni di yoga on demand, domani alle ore 11:00 si può seguire una nuova lezione di Smart Running Class di LifeGate con Daniele Vecchioni, un’opportunità per tutti di imparare a correre stando in casa. In attesa di tempi migliori.
Questi sono solo alcuni dei progetti che stiamo portando avanti, pur continuando a fare informazione raccontando i fatti più importanti dal mondo della sostenibilità.
Per avere aggiornamenti rapidi su tutte le novità, vi consiglio di seguirmi anche su Instagram. Ora che vi siete messi comodi, cominciamo.
Tutti abbiamo visto, studiato, imparato cosa significa il grafico che mostra perché sia importante “appiattire la curva” applicando la distanza sociale contro la diffusione incontrollata del Sars-Cov-2 e per evitare il collasso dei servizi sanitari nazionali.
Senza distanziamento sociale
In breve, senza controlli il punto di saturazione dei nostri ospedali, in particolare dei posti letto in terapia intensiva, si raggiungerebbe in pochi giorni e molte persone rimarrebbero senza cure. La curva dei contagi aumenterebbe esponenzialmente e in poco tempo la totalità della popolazione potrebbe contrarre il virus, anche in modo asintomatico. Per l’Italia si tratterebbe di un disastro visto che le persone più fragili perché affette da altre patologie o perché anziane rappresentano una buona fetta del totale. La percentuale di persone con più di 65 anni in Italia è la più alta in Europa: 35,7 per cento secondo Eurostat.
Con distanziamento sociale
Al contrario, alcune settimane di “pausa” all’interno delle nostre case potrebbero evitare l’impennata esponenziale della curva dei contagi e permettere agli ospedali di rimanere sotto il punto di saturazione dei posti di terapia intensiva e ai medici di curare tutti. Uno scenario ben descritto anche dal video della Polizia di Stato (qui sopra). Questo finora rimane il modo migliore per contrastare l’emergenza sanitaria e superare al più presto la pandemia da nuovo coronavirus, la prima da quando siamo entrati nell’antropocene, la cosiddetta “epoca umana”.
Ora proviamo a sovrapporre il dramma, la soluzione e il grafico (sopra) dell’emergenza sanitaria con il dramma, la soluzione e il grafico (sotto) dell’emergenza climatica.
Se la prima bisogna affrontarla nell’ordine di giorni, la seconda va affrontata nell’ordine di anni.
Se la prima vede come limite drammatico il punto di saturazione degli ospedali con malati di Covid-19, la seconda vede come limite ultimo il punto di saturazione dell’atmosfera da gas a effetto serra. È il carbon budget.
Ci sono rimasti meno di otto anni per essere fisicamente in grado di ridurre le emissioni di gas serra, come la CO2, ed evitare che la temperatura media globale superi la soglia di 1,5 gradi centigradi, limite scandito a gran voce dagli scienziati per evitare conseguenze imprevedibili per la nostra specie e per il Pianeta.
Il distanziamento fossile
Il corrispettivo del distanziamento sociale nell’emergenza climatica è il “distanziamento fossile”. Dobbiamo smettere di utilizzare combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas.
Come quella sociale, questa forma di distanziamento va applicata immediatamente perché più scorre il tempo, più sarà difficile centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. E per ogni anno che passa, il taglio delle emissioni di CO2 dovrà essere più drastico. Quindi più difficile. Proprio come succede per il coronavirus: ogni giorno in più senza quarantena, fa aumentare esponenzialmente la curva dei contagi.
Come il virus, anche il riscaldamento globale non conosce confini. La CO2 emessa dall’altro lato della Terra contribuisce all’aumento della temperatura media globale nella stessa misura di quella emessa dal traffico sotto casa. La cosa positiva, in tutto ciò, è che anche le soluzioni che stiamo imparando in questi giorni di “pausa” da pandemia sono le stesse che dovremmo tenere a mente per uscire dalla crisi climatica: agire qui e ora senza attendere che sia qualcun altro ad agire al posto nostro; restare uniti; essere solidali l’un l’altro e combattere le disuguaglianze sociali; fare tutti la propria parte per vivere meglio, insieme, perché lo stile di vita “malato” di una persona fa male anche alle persone che lo circondano, soprattutto ai soggetti più deboli, siano esse sconosciute o persone care.
Crisi sanitaria e crisi climatica, due facce della stessa medaglia
Sono molte le persone che in questi giorni hanno pronunciato parole importanti per far capire come l’emergenza sanitaria abbia a che fare con il modo irresponsabile con cui stiamo trattando la natura. Come quelle di papa Francesco: “Non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.
O come quelle di Inger Andersen, alla guida del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che – dall’alto del suo osservatorio – ha dichiarato che “stiamo facendo troppe pressioni contemporaneamente sui sistemi naturali e qualcosa doveva succedere. Siamo connessi nel profondo con la natura, che ci piaccia o meno. Se non ci prendiamo cura di lei, non possiamo prenderci cura di noi stessi”.
E poi del nostro ministro dell’Ambiente Sergio Costa con cui ho avuto il piacere di conversare giovedì in una diretta sull’account Instagram di LifeGate: “Il pianeta può tranquillamente fare a meno dell’uomo, ma non il contrario. Se la natura si ribella per l’uomo è la fine. Questa pandemia, come i cambiamenti climatici, ne sono la prova”.
Una diretta nata dalla necessità di capire e commentare gli effetti della decisione delle Nazioni Unite di rinviare la conferenza sul clima di quest’anno, la Cop 26 di Glasgow, a causa della pandemia. Per Costa questo rinvio dei negoziati per il clima – perché non si tratta di annullamento – deve “servire per maturare un pensiero politico migliore”.
E allora, a proposito di pensiero migliore, vorrei lasciarvi con le parole che il maestro Ezio Bosso ha pronunciato durante la puntata del programma televisivo Propaganda Live andata in onda l’11 ottobre. Parole che sembrano essere la metafora di ciò che stiamo vivendo e del senso di solidarietà che ognuno di noi dovrebbe fare proprio: “L’orchestra rappresenta la società. La partitura è la sua costituzione perché unisce tutti, unisce le singolarità, non le individualità. Ogni sezione, fatta da singolarità, è fondamentale e ha la responsabilità dell’altro. Non si suona meglio per distruggere il nostro vicino, si suona meglio perché anche lui possa suonare meglio”.
Con queste parole vi do appuntamento al 18 aprile, tra due settimane. Ne approfitto per augurarvi buone feste e per chiedervi – se vi è piaciuto ciò che avete letto – di condividere e far girare questa mail per far salire a bordo più persone.
Se sei un nuovo iscritto, ti ringrazio per la fiducia. Puoi recuperare gli episodi precedenti cliccando qui. Questo progetto nasce dall’idea che il decennio in cui siamo entrati è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione. Ogni due settimane riceverai un punto di vista già “metabolizzato” sulla crisi climatica. E per conoscere le soluzioni. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.
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