100 settimane che (non) hanno cambiato il mondo
Greta Thunberg non ha contribuito a contrastare la crisi climatica, però è riuscita a cambiare noi. Almeno finora.
Qui si parla di crisi climatica, ma si parla anche di soluzioni perché il decennio in cui siamo entrati è il “decennio per il clima”. Il decennio in cui salveremo la Terra da un futuro incerto, oscuro. Dobbiamo volerlo per farlo. E quello che sta per cominciare è un nuovo episodio del Climatariano.
Sono passate 100 settimane. 100 settimane da quando una ragazza di 15 anni ha deciso di iniziare a manifestare davanti al parlamento svedese tenendo in mano un cartello con la scritta “skolstrejk för klimatet”, sciopero da scuola per il clima. Era il 20 agosto 2018 e in queste 100 settimane quella ragazza di Stoccolma di nome Greta Thunberg, oggi diciassettenne, ha dato vita a un movimento globale di nome Fridays for future in grado di cambiare le sorti del mondo.
Scrivo queste parole senza pensare di esagerare. In questi quasi due anni di attivismo, che inizialmente si sarebbe dovuto concludere con le elezioni parlamentari svedesi del 9 settembre dello stesso anno, Thunberg ha portato in piazza milioni di bambini, ragazzi e adulti grazie a numerosi scioperi globali che hanno interessato ogni continente sulla faccia della Terra.
Milioni di persone unite dalla volontà di salvare questo pianeta dalla catastrofe, dall’emergenza climatica e renderlo un posto migliore per tutti. Soprattutto per i più giovani o, persino, per chi ancora, su questo pianeta, ci nascerà. Una richiesta che altro non è che l’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile, ovvero una forma di “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”.
“Da allora sono successe molte cose”, ha scritto Thunberg nel post che ha “celebrato” queste 100 settimane. Questi 100 scioperi. “100 settimane fa non avrei mai pensato di essere ancora qui oggi a fare la stessa cosa”.
“Milioni di persone sono scese per le strade per continuare la battaglia decennale e senza fine per il clima e per la giustizia climatica”. Sì, perché Thunberg non ha il merito di aver dato vita alla lotta contro il riscaldamento globale.
Era il 2009 quando a Copenaghen decine di migliaia di persone scesero in piazza durante la quindicesima conferenza per il clima delle Nazioni Unite per chiedere che venisse adottato il primo accordo internazionale per fermare l’aumento della temperatura media globale.
Non avvenne, se non sei anni dopo, a Parigi.
Un’occasione storica mancata, un ritardo clamoroso che ci ha fatto perdere anni preziosi per salvare l’umanità, la biodiversità, il pianeta.
Il merito di Greta Thunberg, dunque, è un altro. È quello di aver accesso i riflettori di stampa, opinione pubblica e politica sulla minaccia più grave del secolo trasformandola – almeno nelle menti di molti – in quello che è: un’emergenza globale da affrontare con decisione il prima possibile. Cioè ora. Adesso.
Thunberg ha funto da megafono a una lotta che da anni stanno affrontando migliaia di scienziati, di climatologi, di leader che ci hanno spiegato in modo chiaro e semplice ciò che bisogna fare: limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi per evitare conseguenze imprevedibili, che oggi non ci possiamo nemmeno immaginare se non andando per tentativi.
In questi due anni di attivismo ben poco è cambiato dal punto di vista dell’azione e altre 80 gigatonnellate di gas serra, responsabili del riscaldamento globale, sono state emesse in atmosfera riducendo ulteriormente il carbon budget che abbiamo a disposizione prima di sapere con certezza matematica di non riuscire più a rispettare le linee guida degli esperti.
Per Thunberg “abbiamo perso altri due anni – oltre a quelli di cui parlavo prima – e la crisi climatica e ambientale non è ancora trattata come tale. Ancora non si vedono all’orizzonte i cambiamenti e il livello di consapevolezza necessari”.
Come darle torto. Eppure l’umanità – almeno una parte – ha dato dimostrazione di saper affrontare un’emergenza in modo serio. Quest’anno di crisi sanitaria, di pandemia globale ha dimostrato che quando la politica vuole, ascolta (gli scienziati) e agisce di conseguenza.
“Quelli che stiamo vivendo sono tempi storici, ciò che facciamo o non facciamo ora definirà il resto delle nostre vite e le vite dei nostri figli e nipoti”. Per questo Thunberg lancia un nuovo appello: “Impiegate il vostro tempo in modo saggio”. E lo fa scrivendo una lettera insieme alle sue compagne di lotta Luisa Neubauer, Anuna de Wever van der Heyden e Adélaïde Charlier, che ricordo essere tutte ragazze, ai grandi della Terra.
Servirà? Non lo so. Quello che so è che ogni movimento per il progresso ha sempre portato a cambiamenti positivi di cui hanno beneficiato tutti, nessuno escluso.
(Come non pensare in questi giorni alla figura di John Lewis e a tutto ciò che ha contribuito a migliorare con la sua azione. All’eredità che porteremo sempre con noi).
Così sarà anche per il movimento guidato da queste giovani donne.
Forse non riusciremo a fermare il riscaldamento globale nel limite consigliato dagli scienziati, ma di sicuro il solo tentativo lascerà a chi verrà dopo di noi un’eredità importante su cui costruire il futuro dell’umanità. E alla domanda che i nostri figli, i nostri nipoti ci faranno (“dov’eravate quando potevate fermare tutto questo?”), molti di noi potranno rispondere: “Dalla parte giusta della storia”.
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Il Climatariano nasce dall’idea che il decennio in cui siamo entrati è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione. Nasce per offrire un punto di vista già “metabolizzato” sulla crisi climatica. E per conoscere le soluzioni. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.
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