Abbiamo rubato il futuro ai nostri figli
Cosa vuol dire sviluppo sostenibile? Il contrario di ciò che abbiamo fatto finora per affrontare la crisi climatica.
Qui si parla di crisi climatica, ma si parla anche di soluzioni perché il decennio in cui siamo entrati è il “decennio per il clima”. Il decennio in cui salveremo la Terra da un futuro incerto, oscuro. Dobbiamo volerlo per farlo. E quello che sta per cominciare è un nuovo episodio del Climatariano.
Per rispettare il limite di riscaldamento globale auspicato dagli scienziati, idealmente 1,5 gradi rispetto alla temperatura media registrata in epoca pre-industriale, o al massimo 2 gradi come previsto dall’Accordo di Parigi firmato dalla comunità internazionale, dobbiamo ridurre in modo drastico le emissioni di gas serra (CO2) nei prossimi anni, al massimo un paio di decenni.
Questo significa che i giovani, i bambini e ogni nuovo nato avranno a disposizione nell’arco della loro vita un tetto massimo di emissioni (il cosiddetto carbon budget) di gran lunga inferiore rispetto a quello di cui stanno godendo e hanno potuto godere i loro genitori e i loro nonni. L’umanità, dunque, ha agito in netto contrasto con il “dogma” dello sviluppo sostenibile che lei stessa si è data nel 1987, nell’ormai celeberrimo rapporto Bruntland.
Lo sviluppo sostenibile è quella forma di “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”.
Partendo da questo assunto, il climatologo Zeke Hausfather ha pubblicato un’analisi sul sito Carbon Brief (diretto da Leo Hickman) che calcola quanto dovrebbe essere, mediamente, il carbon budget dei nati oggi: un ottavo rispetto a quello dei loro nonni, ipoteticamente nati nel 1950. Questo significa che noi – e chi è venuto prima di noi – abbiamo compromesso le capacità di soddisfare i bisogni di chi verrà dopo.
Al di là di questo esempio, le giovani generazioni hanno dimostrato di aver capito benissimo cosa le attende e per questo hanno dato vita a movimenti per il clima e per la tutela della biodiversità stravolgendo la politica, hanno dimostrato di aver assimilato questi dati che lasciano poco spazio a errori.
Le giovani generazioni sanno di non poter godere della libertà, del “lusso” sfrenato di quella parte fortunata di umanità che è venuta prima di loro. Sanno di non poter più sfruttare le risorse e dilapidare il capitale naturale come fossero infiniti.
La quantità di gas serra che poteva essere emessa in atmosfera senza correre il rischio di stravolgere il clima è stata già “bruciata”.
Grazie a un calcolatore messo a disposizione da Carbon Brief, si possono fare alcuni esempi concreti. Un millennial, cioè una persona nata nel 1985 in Italia, come me, può emettere fino a un massimo di 377 tonnellate di gas serra per far sì che venga rispettato il limite di aumento della temperatura media globale di 1,5 gradi. 486 tonnellate se si considerano i 2 gradi. Molte meno di quante, secondo i calcoli, arriverà a emettere una persona nata nel 1950 – calcolando una vita media di 85 anni: 507 tonnellate (525 tonnellate con 2 gradi).
Molti di più, invece, di quanti ne potrà emettere un bimbo nato nel 2017 che avrà a disposizione nell’arco della sua vita solo 71 tonnellate (219 tonnellate con 2 gradi). Il tutto senza considerare il fatto che un italiano, già di per sé, ha emesso molte più tonnellate rispetto alla media globale. Se infatti tutti gli abitanti della Terra, siano nati in paesi ricchi o poveri, cominciassero a emettere le stesse quantità di CO2, gli italiani così come gli altri cittadini di paesi industrializzati dovrebbero ridurre ancor più drasticamente le emissioni – e quindi avrebbero un carbon budget ancor più limitato rispetto a chi è venuto prima di loro.
Le emissioni globali, secondo i climatologi, dovrebbero raggiungere il loro picco entro questo decennio, non a caso definito il “decennio per il clima”, per poi calare di percentuali a due cifre anno dopo anno, in brevissimo tempo. Del 50 per cento entro il 2045, per poi arrivare a zero intorno al 2075. Tutto questo sempre per non superare i 2 gradi. Se prendessimo in considerazione la soglia di 1,5 gradi, il calo dovrebbe essere ancor più netto: del 50 per cento entro il 2030 e del 100 per cento entro il 2055.
Una condizione, questa, neppure sufficiente visto che la speranza è che l’innovazione tecnologica possa contribuire anche a rimuovere fino a un terzo dell’anidride carbonica già presente in atmosfera, entro la fine del secolo.
Oggi le emissioni che un essere umano produce in media in un anno sono pari a 4,9 tonnellate. Se le cose non dovessero cambiare, cioè se non avvenisse alcuna riduzione e le cose restassero nella condizione che si definisce “business as usual”, il carbon budget di una persona nata oggi si esaurirebbe in soli 25 anni per non sforare i 2 gradi. E arriverebbe addirittura a soli 9 anni se si prendessero in considerazione 1,5 gradi. Altro che 85 anni. E, ricordiamoci, che stiamo parlando di media.
Un indiano, infatti, in realtà emette solo 1,9 tonnellate di CO2 in un anno, mentre un americano ne emette 16,9 tonnellate. Cifre che lasciano sgomenti per quanto differiscano tra loro, trasformando in fatti il concetto della “responsabilità comune ma differenziata”.
È vero, il riscaldamento globale si affronta tutti insieme, su scala globale. La responsabilità è comune. Ma sono i paesi industrializzati che emettono e hanno emesso quantità di gas serra di gran lunga superiori rispetto a qualunque altro, a dover agire per primi. In modo differenziato, incisivo e rapido. Solo così potremo vincere la sfida e la minaccia più grande del nostro tempo: la crisi climatica.
Con questa dose di realtà, finisce questo episodio, nella speranza che possa servire ad aumentare la vostra consapevolezza e ad aiutarvi a capire ulteriormente quanto sia urgente correre ai ripari subito. Ora, adesso. Per non finire in un “lockdown climatico” che nessuno di noi potrebbe – oggi più che mai – nemmeno immaginare.
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Il Climatariano nasce dall’idea che il decennio in cui siamo entrati è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione. Nasce per offrire un punto di vista già “metabolizzato” sulla crisi climatica. E per conoscere le soluzioni. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.
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