Analogie, parte seconda
L'emergenza sanitaria e quella climatica sono due facce della stessa medaglia. Una conclusione breve.
La pandemia di coronavirus e la crisi climatica, come abbiamo visto, hanno molte analogie. Molti tratti in comune. Più passano le settimane, più sembra che anche le reazioni alle soluzioni adottate per sconfiggere questi nemici – le fasi successive al raggiungimento della consapevolezza, per intenderci – abbiano molte cose in comune. C’è disaccordo e dibattito sull’utilità di alcuni provvedimenti, sulla velocità della ripresa, sui cambiamenti che dovremo adottare per adeguare il nostro stile di vita alle mutate condizioni esterne. E a un certo punto queste analogie, questi parallelismi finiranno per toccarsi e diventare un solo grande tema che l’umanità dovrà affrontare in modo integrato: come raggiungere una forma di sviluppo sostenibile.
Il dibattito tra ottimisti e pessimisti, tra chi dice che questa pandemia sia un’opportunità per tagliare drasticamente le emissioni di anidride carbonica e chi invece pensa che dopo la crisi sanitaria le emissioni torneranno a salire più velocemente di prima (come dopo ogni crisi che rispetti), è già superato.
Superato perché non si tratta di prendere posizione, di partigianeria: si tratta di sopravvivenza. Come afferma Ralph Keeling – figlio del grande Charles David Keeling che ha dato vita all’omonima curva che tiene traccia mese dopo mese, anno dopo anno, della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera – la prima “lezione è che un trauma come questo può alterare le emissioni”, ma il passo successivo è “capire come alterare le emissioni senza un trauma come questo”.
Da analogie a sovrapposizioni
Solo tornando a rispettare le leggi della natura potremo evitare nuove pandemie, solo smettendo di distruggere gli habitat naturali più selvaggi e remoti per far spazio a urbanizzazione, agricoltura intensiva, attività di “estrattivismo” potremo evitare che virus a noi sconosciuti si trovino a dover fare l’ormai noto “salto di specie” (spillover, in inglese) e dar vita a zoonosi. Solo così potremo salvaguardare la nostra specie.
Ed è proprio qui che le analogie, le somiglianze smettono di essere tali e si trasformano in sovrapposizioni. Adottando soluzioni univoche si possono risolvere molteplici problemi, crisi multiple.
Per riuscire in questa impresa bisogna dare un nuovo ordine alla scala di valori e nuove priorità. E su questo non c’è possibilità di essere ottimisti o pessimisti. C’è solo necessità.
A tal proposito vi consiglio, per chi ancora non lo avesse visto, “Antropocene, l’epoca umana”. Un documentario forte, che lascia il segno, ma che allo stesso tempo convince grazie alla straordinaria fotografia di Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier ed Edward Burtynsky. Già più di 50mila persone hanno avuto la possibilità di vederlo al cinema, ma dal 22 aprile, Giornata della Terra, Antropocene è online su diverse piattaforme.
Se ti è piaciuto ciò che hai letto puoi condividere e far girare questo episodio, il numero 10, per far salire a bordo più persone. Se sei un nuovo iscritto, ti ringrazio per la fiducia. Puoi recuperare gli episodi precedenti cliccando qui.
Il Climatariano nasce dall’idea che il decennio in cui siamo entrati è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione. Nasce per offrire un punto di vista già “metabolizzato” sulla crisi climatica. E per conoscere le soluzioni. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.
Per dubbi e suggerimenti, rispondi a questa email. Per continuare a seguirmi e a seguire un po’ di storie sul clima questo è il mio account Instagram. Questo quello di Twitter.