Il futuro comincia una notte di mezza estate
"Costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione". Cominciamo a farlo ora, in una notte di mezza estate.
Qui si parla di crisi climatica, ma si parla anche di soluzioni perché il decennio in cui siamo entrati è il “decennio per il clima”. Il decennio in cui salveremo la Terra da un futuro incerto, oscuro. Dobbiamo volerlo per farlo. E quello che sta per cominciare è un nuovo episodio del Climatariano. Se questa email ti è stata inoltrata, puoi iscriverti alla newsletter qui.
20 agosto 2020, è da poco passata la mezzanotte. Sono in vacanza in Umbria e mentre sto per addormentarmi col suono dei grilli che entra dalla finestra, Alessandra, la mia compagna, riceve un messaggio da Silvia, un’amica che ormai è in procinto di partorire per la seconda volta: “Mi si sono rotte le acque”, recita il messaggio. Del resto, questa è notte di luna nuova e – ho scoperto – le probabilità che una nuova vita venga alla luce si fanno decisamente più alte. Sempre che il termine previsto si aggiri intorno a questa data. È una femmina e i genitori hanno deciso di chiamarla Greta.
Per deformazione professionale, ma soprattutto per passione verso il tema del clima e dell’ambiente, la mia mente non può fare a meno di correre verso una coincidenza di date e nomi quantomeno curiosa. Il 20 agosto di due anni fa, infatti, un’altra Greta cominciava la sua battaglia per la vita di tutti noi: quella per il clima. Una battaglia cominciata nel 2018 attraverso uno sciopero solitario da scuola. Greta Thunberg, allora quindicenne, si presentava con un cartello in mano fuori dal parlamento della sua città, Stoccolma. Solo coincidenze, dicevamo.
Greta, la bimba nata oggi, nell’arco della sua vita avrà a disposizione circa 70 tonnellate di gas a effetto serra, di CO2, per far sì che venga rispettato il limite di aumento della temperatura media globale di 1,5 gradi come richiesto dagli scienziati per evitare stravolgimenti imprevedibili. Poco più di 200 tonnellate, se consideriamo l’aumento massimo di 2 gradi previsto dall’Accordo di Parigi. La sua omonima svedese, nata nel 2003, ne ha 235 per restare entro gli 1,5 gradi. Tre volte più di un suo connazionale nato nel 1950. Un’analisi colma di disuguaglianza che ho ripreso in questa newsletter di qualche settimana fa.
Sempre oggi, per ricordare i due anni di scioperi per il clima, considerati due anni persi per “l’incapacità di agire della politica”, Thunberg ha però fatto sapere attraverso un editoriale pubblicato sul quotidiano britannico Guardian – insieme alle sue compagne di lotta Luisa Neubauer, Anuna De Wever e Adélaïde Charlier – che “il futuro è ancora nelle nostre mani, ma il tempo ci sta scivolando tra le dita. Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori, ma per farlo, dobbiamo affrontare l'emergenza climatica e cambiare il nostro stile di vita. Questa è la verità scomoda da cui non possiamo scappare”.
Le ragazze del clima ci credono ancora. Eccome. Tant’è che sempre oggi hanno deciso di far visita a un’altra donna alla guida di uno dei paesi più importanti al mondo: la cancelliera tedesca Angela Merkel. Secondo quanto riportato da De Wever, Merkel avrebbe detto loro che cercherà di essere più coraggiosa e ambiziosa. E che non ratificherà accordi di libero scambio come quello raggiunto dall’Unione europea con gli stati del Mercado común del Sur (Mercosur, di cui fanno parte, tra gli altri, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) se non conterranno obiettivi climatici concreti e sufficientemente ambiziosi per affrontare la crisi, come richiesto dalla comunità scientifica.
Uno dei cavalli di battaglia di Thunberg e del movimento dei Fridays for future, infatti, è che la crisi climatica non sia mai stata trattata come tale. Per questo abbiamo perso altri due anni di tempo. Eppure la comunità internazionale ha dimostrato in modo netto di saper prendere decisioni rapide e drastiche per altre crisi, come quella sanitaria dovuta alla pandemia da Sars-Cov-2 tuttora in corso.
Dello stesso avviso è un altro protagonista europeo, che giovane non è e che ha molto poco in comune con il movimento per il clima. Parlo di Mario Draghi, che di anni ne ha quasi 73, economista, già presidente della Banca centrale europea. Insomma, quanto di più lontano si può immaginare da Greta Thunberg, almeno in apparenza.
Proprio Draghi, pochi giorni fa, ha pronunciato uno dei discorsi con più visione degli ultimi mesi. Quasi di anni ne avesse diciassette. Un discorso che nessun altro leader al potere aveva pronunciato dall’inizio dell’emergenza sanitaria e che ha unito tre questioni che stanno trasformando il mondo e la specie umana: clima, pandemia ed economia. Draghi ha affermato che “il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani”. Per questo “è nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre. Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.
Parole pesanti come macigni perché danno concretezza al concetto di sviluppo sostenibile, che ho già ribadito più volte nelle varie newsletter inviate fin qui. Lo sviluppo sostenibile è quella forma di “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”. Punto e a capo.
Draghi ha anche affermato altre parole altrettanto pesanti che hanno messo in discussione l’essenza stessa della globalizzazione, ormai agonizzante, i cui principi hanno impedito per decenni che si raggiungesse uno degli accordi internazionali più importanti della storia delle relazioni internazionali: quello sul clima, “con le conseguenze che ciò ha sul riscaldamento globale”.
Per tutti questi motivi è giunto il momento di cercare, formare e soprattutto votare leader e politici in grado di affrancarsi dall’esigenza del consenso immediato. A partire dalle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 3 novembre. Guardatevi questo discorso dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama per capire quanto sia importante quella data.
Scegliere leader illuminati significa tornare a investire nel futuro, pur sapendo che la pandemia in corso non ci permetterà di tornare alle nostre vite “di prima” per lungo tempo. E per molti aspetti è meglio così. Come in un dopoguerra, l’unico motivo valido che abbiamo per accumulare altro debito che i nostri figli dovranno pagare è investire nella loro istruzione e formazione. In un circolo virtuoso in grado di spezzare disuguaglianze sociali causate anche dalla crisi climatica in corso.
Con queste parole e soprattutto con queste speranze ho pensato fosse giusto dare il benvenuto a Greta, nata oggi, 20 agosto 2020. Non per mettere le mani avanti, non per rompere gli entusiasmi, bensì per far sì che ognuno di noi sappia che dopo un inizio, dopo ogni partenza è fondamentale costruire, “e costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”, come cantava Niccolò Fabi. Per il bene di tutti.
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Il Climatariano nasce dall’idea che il decennio in cui siamo entrati è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione. Nasce per offrire un punto di vista già “metabolizzato” sulla crisi climatica. E per conoscere le soluzioni. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.
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